Impariamo a non ammalarci. Come fare?
Si parla sempre di malattia e non abbastanza di prevenzione.
Quanto possiamo evitare di ammalarci? Se sì, quanto siamo davvero disposti a cambiare abitudini?
Da un nuovo approccio terapeutico come la PNEI, Psico Neuro Endocrino Immunologia, che considera il nostro organismo nella sua interezza, possiamo trarre degli interessanti spunti da usare per migliorare il nostro stile di vita.
Nella diretta di questa sera alle 18,00 ne parliamo con la dr.ssa Anna Rita Iannetti.
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Impariamo a non ammalarci. Come fare? Diretta con la dr.ssa Anna Rita Iannetti
Cerchiamo di capire quanto le nostre abitudini, i nostri stili di vita, i nostri pensieri possano influire sulla nostra salute.
La dott.ssa Anna Rita Iannetti da sempre si è occupata di stili di vita, di quanto incidono sulla salute, negli ultimi 15 anni è responsabile alla ASL di Pescara come medico formatore alla salute. Si occupa di PNEI ( psiconeuroendocrinoimmunologia), quella branca della medicina che studia le interazioni tra il sistema nervoso centrale, immunitario ed endocrino e intende il corpo come un unicum, in cui tutti gli elementi sono in stretta relazione tra loro.
Che cos’è la PNEI?
La PNEI nasce grazie a un fisiologo, Robert Ader, che fece delle sperimentazioni sui ratti, in particolare sull’effetto di un ormone surrenale, che veniva inoculato nelle cavie. Osservando come le ghiandole surrenali avevano reagito all’inoculazione dell’ormone rispetto alle cavie a cui era stata iniettata solo acqua distillata, scoprì che sia le cavie trattate con il farmaco sia quelle trattate con acqua mostravano le stesse alterazioni.
Il ricercatore se ha nella mente un obiettivo molte volte ha una percezione selettiva e non accetta che i risultati attesi non siano giunti. Questo fisiologo invece nonostante non abbia ottenuto il meccanismo ipotizzato inizialmente aveva una mente elastica e si chiede il perché di questo risultato anomalo rispetto alla premessa e capì che era la modalità di somministrazione. Lui aveva una modalità scadente di interagire con i topi, li faceva spaventare e questa modalità era uguale in entrambi i topolini, avevano tutti paura della puntura. Dunque era un’emozione a portare una modifica strutturale su un organo e da lì incominciò a fare ricerca in tal senso. Il primo di libro di PNEI sistematizzato in cui c’era la relazione di malattia d’organo ed interpretazione emozionale degli eventi è del 1950.
Oggi i laureati in medicina non sanno cos’è la PNEI, non viene insegnata! La PNEI, la psiconeuroendocrinoimmunologia dice che le emozioni sono appannaggio non soltanto del cervello ma sono prodotte anche da altri organi come il sistema immunitario e a seconda quindi del nostro tono dell’umore noi produciamo una chimica e un’attività del sistema nervoso neurovegetativo che corrisponde a funzioni di organi e apparati.
Il concetto principale che deriva da questo studio è che noi abbiamo dei processi di disregolazione che iniziano anche anni prima. Se noi viviamo una condizione ambientale/personale di disagio e di disfunzione, continuiamo a vivere secondo le nostre abitudini e man mano che andiamo avanti arrivano in un primo momento i sintomi non corrispondono a una malattia. La persona continua a vivere la propria vita normalmente ma a distanza di tempo esce fuori una malattia d’organo, ha una diagnosi di malato dal medico. Ma nel contempo interpretare la malattia come un processo di disregolazione ci fa comprendere che se abbiamo di fronte un medico allenato a cercare le realtà personali che hanno dato al distorsione e ci aiuta a modificare i nostri comportamenti e il nostro sentire, ci può aiutare a riavvolgere il nastro e a tornare in salute. Ovviamente questo ragionamento non è utile alle cause farmaceutiche e quindi ne deriva che il processo di naturale guarigione di una malattia è stato occultato.
La PNEI dovrebbe essere insegnata in tutte le università e non solo in alcune. Ad esempio non solo a medicina, ma anche a pedagogia, gli insegnanti devono conoscere l’aspetto emozionale dell’apprendimento perché la motivazione emozionale è la spinta maggiore di qualsiasi altra che rende la mente capace di assorbire informazioni e dati.
Questo approccio sbagliato alla malattia ci ha portato a vivere in modo errato gli ultimi due anni, dove sono state confinate in casa persone sane senza considerare i danni psicologici.
Oltre alla PNEI c’è anche l’epigenetica e sono tantissime le scienze ignorate! Oggi non siamo nelle condizioni di dire di vivere in un ambiente totalmente salubre, anche solo il ritmo frenetico che per molti di noi è insostenibile da mantenere.
Un’altra credenza è quella che arrivati a un certo punto della vita dobbiamo ammalarci per forza! L’industria farmaceutica è proprietaria della cultura, interviene nei meeting, nelle società scientifiche quindi a livello culturale quello che viene trasmesso è ciò che dicono le cause farmaceutiche.
Epigenetica
Noi abbiamo un’unità interna mente e corpo quindi anche le cose che sentiamo in maniera autonoma ci fanno produrre una funzione o una disfunzione, ad esempio il rimuginio sulla negatività è causa di malattia perché è come se rivivessimo a distanza di anni gli stessi traumi. La nostra reattività corporea è indirizzata verso quel rimuginio e quel ricordo.
Internamente già c’è una complessità enorme. Poi abbastanza di recente veniamo a scoprire dopo lo studio del genoma del 2000 che questo è un miserello, abbiamo 24mila geni, pochi rispetto alla nostra complessità, una spiga di grano ne ha il doppio. La ricerca si chiede come è possibile che le nostre complessità possano essere così duttili, noi ci modifichiamo a seconda dell’ambiente in cui siamo, il DNA si studia come varia a seconda degli input esterni e si scopre che il 98% del DNA è mutabile, fa un adattamento a seconda delle condizioni ambientali in cui si è immessi.
Questo è problematico perché arrivati a tale punto non possiamo più dire che è la genetica che ti condanna alla malattia ma è altamente probabile che siano le condizioni ambientali. L’ambiente è un fattore biologico attivo come fattore funzionale del DNA. Il DNA a livello strutturale rimane sempre quello (il 2%) mentre il resto che dà le informazioni ai vari organi per farli funzionare muta a seconda dei vari imput ambientali. Ma quali sono le caratteristiche ambientali in grado di modificare il DNA?
Quello che mangi, quello che fai e le emozioni che vivi danno luogo a un’interpretazione cognitiva dell’evento e tutto ciò lo ritroviamo come origine principale delle malattie. Lo stato emozionale dà indicazioni al DNA e se a livello emozionale c’è una fissità delle emozioni gli organi funzionano male. Ogni emozione è utile per farci adottare un certo tipo di comportamento, dunque se le persone rimangono in uno stato emozionale a lungo non va bene, come è stato ad esempio con l’ansia del lockdown e della pandemia, portata dalla politica.
Con determinate emozioni nascono problemi a livello intestinale, a livello del ritmo cardiaco o altre malattie cronico degenerative dovute a sovraccarico emozionale, quando si oltrepassa la possibilità di sopportare quella emozione.
C’è una condizione particolarmente tossica che è l’inevitabilità del danno, accade quando lo stress non ha una valvola di sfogo, non c’è possibilità di reazione e ciò porta a malattie. L’epigenetica ci dice che le emozioni sono realtà materiali perché a livello del DNA possono operare modifiche e queste modifiche possono essere trasmesse anche alla prole (ad es. i figli e i nipoti dei sopravvissuti dei campi di sterminio talvolta sviluppano un problema di obesità resistente perché i geni dei loro predecessori si erano modificati in modalità di risparmio per permettere la loro sopravvivenza).
C’è il modo di riavvolgere un po’ il nastro anche se il DNA si è modificato?
Siamo in un’epoca molto fertile di ricerca in questo senso, esistono anche a livello elettromagnetico e frequenziale delle cose da fare. La dott.sa ha lavorato nelle ASL e dal 2017 ha imparato a usare canti gregoriani e musica di Mozart in un sistema del metodo Tomatis, che usa gli Hertz per comunicare con questo sistema emozionale. È molto utile per ripristinare l’armonia della funzione neurodegenerativa nelle persone che sono in burnout o in stress.
Un altro approccio è legato al respiro, si può andare a modificare il sistema neurodegenerativo controllando il respiro con la tecnica del respiro lento diaframmatico e questo si porta dietro le attività degli altri organi. Chi ha l’ansia non ha un atto respiratorio consono alle sue esigenze, per esempio.
Il battito del cuore e il suo controllo tramite la respirazione è fondamentale per attuare il lavoro di rimozione delle emozioni che ci danno un problema. Tutti dovremmo imparare la respirazione volontaria per riuscire a calmare il cuore al ricordo del trauma, soltanto così ho la mente libera per poter reinterpretare gli eventi, anche quelli passati. Divento una persona che si riappropria di sé stessi e non sono più in balia delle emozioni provocate dagli altri.
Il microbiota: perché è importante preservarlo
Tutti gli organi sono controllati dalle proporzioni fra loro dei microbi che abitano dell’intestino quindi l’idea di fa star bene la gente usando farmaci e Amuchina va ad alterare profondamente il sistema di salutogenesi. Bisogna invece aumentare i batteri buoni per mantenere questo sistema, con i probiotici, non utilizzare antibiotici ed antisettici. Noi viviamo in un ambiente invaso dalla tecnologia che ha destrutturato ciò che è utile al bios e unito alla distruzione dei batteri, le malattie cronico degenerative aumentano, stiamo distruggendo le condizioni biologiche necessarie alla vita.
La medicina tradizionale deve essere integrata con tutte altre tecniche che possono coesistere per accogliere le esigenze di chi abbiamo di fronte, anche quelle che non vengono risolti dalla medicina tradizionale occidentale.
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